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domenica 16 dicembre 2012

Machiavelli: chi governa deve essere temuto ma non odiato (Il Principe - cap.17)



De crudelitate et pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e contra.
Della crudeltà e pietà e s'elli è meglio esser amato che temuto, o più tosto temuto che amato

Nota: seguendo uno schema per lui abituale, Machiavelli inizia le sue considerazioni presentando ciò che apparentemente sarebbe desiderabile e conclude con la descrizione di ciò che è concretamente necessario, in relazione alle condizioni storiche e sociali in cui il principe deve operare.

Scendendo appresso alle altre preallegate qualità, dico che ciascuno principe debbe desiderare di essere tenuto pietoso e non crudele: non di manco debbe avvertire di non usare male questa pietà. 

Nota: chiunque - secondo Machiavelli - può ritenere che sia preferibile essere amati piuttosto che temuti, ma un principe che si comporti con severità può garantire la sicurezza dei cittadini meglio di un principe tollerante, che lascia dilagare disordini e tumulti: alla fine il primo sarà ritenuto miglior governante rispetto al secondo; a questo proposito, egli presenta l'esempio di Cesare Borgia, ritenuto crudele ma dimostratosi capace di assicurare la pace al popolo romagnolo.

Era tenuto Cesare Borgia crudele; non di manco quella sua crudeltà aveva racconcia la Romagna, unitola, ridottola in pace et in fede. Il che se si considerrà bene, si vedrà quello essere stato molto più pietoso che il populo fiorentino, il quale, per fuggire el nome del crudele, lasciò destruggere Pistoia. 

Nota: il principe non deve preoccuparsi di essere ritenuto crudele se ciò gli consente di assicurare la pace ai sudditi, poiché con pochi esempi di severità potrà mantenere in pace il suo popolo, e ciò sarà preferibile alla situazione in cui il disordine sociale dilaga.

Debbe, per tanto, uno principe non si curare della infamia di crudele, per tenere e' sudditi sua uniti et in fede; perché, con pochissimi esempli sarà più pietoso che quelli e' quali, per troppa pietà, lasciono seguire e' disordini, di che ne nasca occisioni o rapine: perché queste sogliono offendere una universalità intera, e quelle esecuzioni che vengono dal principe offendono uno particulare. Et intra tutti e' principi, al principe nuovo è impossibile fuggire el nome di crudele, per essere li stati nuovi pieni di pericoli. E Virgilio, nella bocca di Didone, dice:

Res dura, et regni novitas me talia cogunt
Moliri, et late fines custode tueri.

Non di manco debbe essere grave al credere et al muoversi, né si fare paura da sé stesso, e procedere in modo temperato con prudenza et umanità, che la troppa confidenzia non lo facci incauto e la troppa diffidenzia non lo renda intollerabile.
Nasce da questo una disputa: s'elli è meglio essere amato che temuto, o e converso. Rispondesi che si vorrebbe essere l'uno e l'altro; ma perché elli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell'uno de' dua. 

Nota:  il principe non deve quindi esitare a governare con durezza: di fronte alla scelta fra l'essere amato e l'essere temuto, anche se sarebbe desiderabile ottenere ambedue i risultati, è sempre più sicura la seconda situazione, che garantisce nel medesimo tempo la sicurezza del principe e la sicurezza dello stato.

Perché delli uomini si può dire questo generalmente: che sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de' pericoli, cupidi di guadagno; e mentre fai loro bene, sono tutti tua, ófferonti el sangue, la roba, la vita e' figliuoli, come di sopra dissi, quando il bisogno è discosto; ma, quando ti si appressa, e' si rivoltano. 

Nota:  non ci si può fidare - sostiene Machiavelli - della gratitudine dei sudditi. Gli uomini sono "tristi", ovvero pronti a tradire per opportunismo. La gratitudine verso il principe generoso si dimentica facilmente, il timore verso il principe severo è sempre presente: ed è il timore che consente al principe di guidare saldamente lo stato. 

E quel principe che si è tutto fondato in sulle parole loro, trovandosi nudo di altre preparazioni, rovina; perché le amicizie che si acquistano col prezzo, e non con grandezza e nobiltà di animo, si meritano, ma elle non si hanno, et a' tempi non si possano spendere. E li uomini hanno meno respetto a offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere; perché l'amore è tenuto da uno vinculo di obbligo, il quale, per essere li uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto; ma il timore è tenuto da una paura di pena che non abbandona mai. 

Nota:  il principe deve comunque far sì che il timore non si trasformi in odio e deve quindi evitare l'eccessiva severità ma soprattutto evitare di mostrarsi avido verso le proprietà dei sudditi, poiché - e qui il realismo di Machiavelli sconfina nel cinismo - gli uomini sono più affezionati al proprio denaro che al proprio padre .

Debbe non di manco el principe farsi temere in modo, che, se non acquista lo amore, che fugga l'odio; perché può molto bene stare insieme esser temuto e non odiato; il che farà sempre, quando si astenga dalla roba de' sua cittadini e de' sua sudditi, e dalle donne loro: e quando pure li bisognasse procedere contro al sangue di alcuno, farlo quando vi sia iustificazione conveniente e causa manifesta; ma, sopra tutto, astenersi dalla roba d'altri; perché li uomini si dimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio.


martedì 11 dicembre 2012

Un passo da: "La logique ou l'art de penser" di Antoine Arnaud et Pierre Nicole



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Si crede che sia vergognoso dubitare e ignorare e si preferisce parlare e decidere a caso piuttosto che riconoscere che non si è abbastanza informati sulle cose per poter esprimere un giudizio. Noi tutti siamo pieni di ignoranza e di errori e tuttavia non c'è nulla di più difficile che tirar fuori dalla bocca degli uomini questa confessione così giusta e così conforme alla loro condizione naturale: "mi sbaglio" e "non ne so nulla".